Buone, ma caute, notizie sul ciclo del metano in atmosfera
Uno studio pubblicato su Nature Geoscience di marzo rivela che il metano in atmosfera, in alcune condizioni, è capace di innescare una serie di eventi che porterebbero a ridurre i suoi effetti sul riscaldamento globale. In altre parole, il suo ruolo nocivo nella crisi climatica potrebbe essere meno determinante di quanto ritenuto in passato, tuttavia diversi ricercatori invitano alla cautela e ad approfondire le nuove evidenze.
«Abbiamo scoperto – si legge nello studio, firmato da Robert J. Allen, Xueying Zhao, Cynthia A. Randles, Ryan J. Kramer, Bjørn H. Samset & Christopher J. Smith – che l’assorbimento delle onde corte del metano contrasta circa il 30% del riscaldamento superficiale associato ai suoi effetti radiativi a onde lunghe. Un impatto ancora maggiore si verifica per le precipitazioni, in quanto l’assorbimento delle onde corte del metano compensa circa il 60% dell’aumento delle precipitazioni rispetto agli effetti radiativi delle onde lunghe». Si tratterebbe di un risultato “controintuitivo”, spiega lo stesso autore dello studio, lo scienziato del clima Robert Allen dell’Università della California Riverside.
Secondo l’IPCC, il metano è il secondo gas serra più importante dopo la CO2 in termini di contributo all’effetto serra: ha, infatti, un potenziale di riscaldamento globale 28 volte superiore a quello della CO2 su un periodo di 100 anni. In altre parole, una tonnellata di metano ha lo stesso effetto sull’effetto serra di 28 tonnellate di CO2 nell’arco di 100 anni. Il significato di questo studio potrebbe essere importante perché ne ridurrebbe gli effetti nefasti.
Dati che sorprendono anche esperti non coinvolti direttamente nello studio: «Si tratta di risultati davvero interessanti e importanti – come afferma su ScienceNews.org Rachael Byrom, scienziata del clima presso il CICERO Center for International Climate Research di Oslo – : il metano rimane ancora un gas chiave che dobbiamo prendere in considerazione per la riduzione delle emissioni».
Secondo l’IPCC, i settori principalmente responsabili dell’aumento del metano in atmosfera sono quelli energetico, agricolo e dalla gestione dei rifiuti. In particolare, l’estrazione e la produzione di gas naturale sono tra le principali fonti di emissione di metano. Per dare un’idea, uno studio del 2021 pubblicato sulla rivista scientifica Nature, il settore del gas naturale negli Stati Uniti aveva emesso circa 16 milioni di tonnellate di metano nel 2019, vale a dire a oltre il doppio delle stime ufficiali del governo degli Stati Uniti. Lo studio spiegava che queste emissioni erano sufficienti per annullare i vantaggi climatici del passaggio dalle centrali a carbone a quelle a gas naturale.
Secondo i dati presentati alla scorsa Conferenza delle parti sul clima nel 2022 le concentrazioni di metano in atmosfera avevano raggiunto le 1.908 parti per miliardo (ppb), pari al 162% rispetto ai livelli preindustriali, diventando la fonte (rispetto a CO2 e N2O4) che ha segnato l’aumento più significativo degli ultimi quarant’anni. Per raggiungere l’obiettivo di non superare di 1,5°C la temperatura media globale rispetto al periodo pre-industriale entro la metà del secolo, l’IPCC non ha dubbi: dobbiamo eliminare circa un terzo delle attuali emissioni di metano entro il 2030 e circa il 45% entro 2040.
L’importanza di questo nuovo studio risiede nel come (e quanto) gas serra come il metano assorbono parte della radiazione solare a onde corte. Stime recenti avevano infatti suggerito che il metano potrebbe contribuire all’energia termica dell’atmosfera fino al 15 percento in più rispetto a quanto si pensava in precedenza, a causa di questo assorbimento aggiuntivo di onde corte. Al contrario, però, il nuovo studio metterebbe in evidenza come l’assorbimento delle onde corte del metano avrebbe un effetto opposto.
«Il raffreddamento indotto dalle onde corte del metano – spiega ancora lo studio – è dovuto in gran parte agli aggiustamenti rapidi delle nuvole, tra cui l’aumento delle nuvole a basso livello, che aumentano la riflessione della radiazione a onde corte in entrata, e la diminuzione delle nuvole ad alto livello, che aumentano la radiazione a onde lunghe in uscita. Le risposte delle nuvole, a loro volta, sono correlate al profilo del riscaldamento solare atmosferico e ai corrispondenti cambiamenti di temperatura e umidità relativa». Buone notizie, dunque? Probabilmente sì, ma non sufficienti per dire che il metano è privo di rischi e responsabilità.
«Sarà importante includere gli effetti delle onde corte del metano nelle proiezioni climatiche future» afferma su ScienceNews.org Daniel Feldman, scienziato atmosferico presso il Lawrence Berkeley National Laboratory in California, spiegando anche che sia necessario lavorare per chiarire maggiormente la questione.
Chiunque, insomma, cercasse nei risultati di questo studio qualche ambiguità o un possibile argomento utile scagionare quello che comunque rimane uno dei principali gas a effetto serra, rimarrà deluso. Sono, infatti, gli stessi autori a fugare ogni dubbio: «Nonostante i nostri risultati, il metano rimane un potente contributore al riscaldamento globale e gli sforzi per ridurne le emissioni sono fondamentali per mantenere il riscaldamento globale ben al di sotto dei 2 °C rispetto ai valori preindustriali».